sabato 29 novembre 2008

lingue e dialetti


Anno 1989. Peter Weir deliziava con il ritratto del professor Keating, un docente sui generis che in molti hanno desiderato avere come insegnante. Uno che non si fermava alla superficie dei testi, ma chiudeva le pagine per cercare l'applicazione nella vita di ogni insegnamento. Si tratta ovviamente del capolavoro de L'attimo fuggente, in cui il famoso "carpe diem" assume le sembianze degli allievi, che devono diventare i protagonisti delle loro stesse vite.
Il "carpe diem" del Ventunesimo secolo si muove non più solo sui campi sportivi dei college, ma sul filo diretto della rete. La modalità è analizzata dal professor Michael Wesch, coordinatore del team dell'Università del Kansas che si è occupato della ricerca sull'etnografia digitale, indagando in particolare sugli aspetti culturali di YouTube, un fenomeno abbastanza recente ma che è stato in grado di raggiungere immediatamente, e in un breve lasso di tempo - considerando che la sua invenzione è datata 2005 - numeri importanti. YouTube, è noto, permette la rapida diffusione di materiale video, audio, etc. in tempo reale e comporta quindi che idee, valori, identità siano prodotte, riprodotte, messe in gioco e negoziate in nuovi modi. Tutto diventa informazione, tutto diventa intrattenimento, tutto si trasforma in comunicazione. Un "carpe diem" continuo. Ricercando, mossa dalla consueta curiosità, il materiale all'origine del suo studio, da cui è partito il professor Wesch, mi sono imbattuta in un testo sul quale mi sono soffermata, colpevole di aver suonato il mio tasto "giusto". Sostiene Wesch che si è dato il via ad un mondo di "resonating information" che ci circonda completamente. Prosegue affermando che i confini si dissolvono perché l'informazione è immediatamente ovunque e non obbedisce più alla severa natura lineare, implicita nelle tecnologie della cultura letteraria. Non si può resistere all'avvento di queste nuove tecnologie che stanno ovviamente modificando il modo di comunicare, e bisogna adoperarsi non solo per restare al passo coi tempi, ma anche per cogliere ogni beneficio che deriva da questa evoluzione. Il quesito che si pone Wesch non è di poco conto. Si chiede infatti se siamo noi ad utilizzare questa tecnologia, oppure se è lei ad usare noi.
Da questa domanda, a cui non posso che rispondere per me stessa, voglio partire per dare una mia chiave di lettura. Appartengo alla generazione di quelli che vengono definiti "Digital Immigrants", non solo per motivi legati all'anagrafe, ma anche per una sorta di "diffidenza" (almeno all'inizio) nei confronti di strumenti che non sono in possesso di un "odore"- anima.
"Costretta" ad un ricorso assiduo di tali strumenti, ho scoperto che possono, per certi aspetti, "aiutarmi" in un'elaborazione più completa, più complessa delle mie associazioni mentali. Ho scoperto di poter corredare le parole di immagini che magari apparentemente non hanno un nesso logico tra loro, ma che rimandano un po' alla scuola di montaggio russa, in particolare al montaggio per attrazioni di Ejzenstejn. Le immagini per proporre suggestioni, per riproporre emozioni. Il nesso logico viene spiegato poi dal testo scritto...Gli occhi vengono accarezzati da musica o film...
Chi appartiene alla comunità virtuale di YouTube ormai è consapevole di una sete di informazione, ma anche di un bisogno reale di comunicazione, tant'è che molti video riguardano una particolare abilità di chi realizza un video stesso, o anche momenti di vita familiare. Con il "motto": L'importante è comunicare, non più solo partecipare, come sosteneva De Coubertin...


Usando in modo intelligente e responsabile i nuovi strumenti di comunicazione, senza demonizzarli, si può davvero fare in modo che siano loro adattabili all'essere umano, e non il contrario.

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