venerdì 23 gennaio 2009

L'AUTOSTRADA DELL'ODORE


"...Proprio fortuna sfacciata ma quando uno ci sente che l'odore che serra in pancia è proprio il suo arriva anche la fortuna. Solo questo vi voglio dire credete a me lettori cari. Bando a isterismi, depressioni scoglionature e smaronamenti. Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran fortune e buoni fulmini sulla strada...ah buoni davvero buoni odori in verità, ma saran pur sempre i vostri odori e allora via, alla faccia di tutti avanti! Col naso in aria fiutate il vento, strapazzate le nubi all'orizzonte, forza, è ora di partire, forza tutti insieme incontro all'avventuraaaaa!"
Parlava così Pier Vittorio Tondelli nel suo Autobahn, episodio conclusivo di Altri Libertini.
Cosa fosse quest'odore, da seguire a tutti i costi, l'ho scoperto negli anni. E' la forza di seguire con coraggio, sbattendo la testa e reagendo ad ogni difficoltà e ad ogni intoppo, le proprie ambizioni. Non solo materiali, non solo aspirazioni, ma soprattutto credere consapevolmente nelle proprie capacità, nelle proprie passioni.
In cosa consiste il mio odore? A questo ancora non so dare una risposta, ma ora lo sento di nuovo vivo in me e mi rende quanto mai viva. Alle volte si cede al fascino di ciò che si può raggiungere più comodamente, tappandosi le narici, vietandosi di adoperarsi per seguirlo. Ma è in fondo allo stomaco, solo momentaneamente "assopito", e basta davvero poco per farlo riemergere. Si cerca di cacciarlo via quando si va contro la propria natura, imponendosi di farsi piacere anche ciò che si detesta. All'improvviso, però, qualche scoramento, qualche lacrima, qualche oscuro sentimento di frustrazione profonda che attorciglia lo stomaco fa capire che c'è qualcosa che non va, qualcosa che sta portando ad allontanarsi dal proprio odore. Ognuno di noi ne ha uno, ben preciso, ed è chiamato dalla vita per impegnarsi responsabilmente a realizzarlo, a far sì che diventi una forma, un po' come quando Michelangelo rendeva libere le figure dal marmo. Già, perché seguire il proprio odore rende straordinariamente liberi, liberi di essere sempre se stessi, chi c'è c'è chi non c'è non c'è come compagno di viaggio...I giudizi dall'esterno non contano più perché si è consapevoli del Valore del proprio odore, e guai a disperderlo.
Anche la musica, con i gruppi preferiti i cantanti "preferiti", o il cinema con i suoi film e personaggi "preferiti" non sono casuali, ma vengono scelti per una qualche affinità elettiva. Non compare più il discorso "miti" perché diventano compagni di viaggio della più grande tra tutte le avventure: la vita.
L'odore può assumere qualsiasi sembianza, qualsiasi sguardo. Soprattutto quando lo si è tenuto rintanato in un cassetto per qualche tempo, anche solo qualche minuto. Può emergere da un film, uno qualsiasi, e riportare tutto nella sua più totale nitidezza. Mettere di nuovo a fuoco quello che era scivolato in una dissolvenza a nero. Già, è quello il mio odore. Il cinema. Non ha importanza se ora non so da che parte iniziare. Ma avendo fiducia nel mio odore, che intanto mi ha portato ad una laurea, prima o poi saprò trovare la strada per scrivere a rotta di collo del quid nascosto in ogni film.
...E' successo già una volta, come per "magia". Seduta nei prati di casa mia, Altri libertini a tenermi compagnia. Un tiepido pomeriggio marzolino. Qualche nuvola si inseguiva nel cielo. La mia musica nelle orecchie con una colonna sonora impetuosa e "azzeccata per l'occasione" (i Negrita di R.J. (Angelo Ribelle), la canzone del loro primo album dedicata a sua maestà Robert Johnson), quando all'improvviso una morsa mi ha stretto la pancia. Avevo scoperto il MIO odore. A distanza di anni, oltre allo stimolo che da quest'odore nasce, si è instaurata la consapevolezza.
Ora lo stesso impeto, lo stesso mal di pancia, la stessa entusiasmante voglia di muovermi sull'autostrada tracciata dal mio odore... Chissà dove riuscirà a portarmi stavolta!

L'ADDIO ALLE SCENE...


sabato 29 novembre 2008

lingue e dialetti


Anno 1989. Peter Weir deliziava con il ritratto del professor Keating, un docente sui generis che in molti hanno desiderato avere come insegnante. Uno che non si fermava alla superficie dei testi, ma chiudeva le pagine per cercare l'applicazione nella vita di ogni insegnamento. Si tratta ovviamente del capolavoro de L'attimo fuggente, in cui il famoso "carpe diem" assume le sembianze degli allievi, che devono diventare i protagonisti delle loro stesse vite.
Il "carpe diem" del Ventunesimo secolo si muove non più solo sui campi sportivi dei college, ma sul filo diretto della rete. La modalità è analizzata dal professor Michael Wesch, coordinatore del team dell'Università del Kansas che si è occupato della ricerca sull'etnografia digitale, indagando in particolare sugli aspetti culturali di YouTube, un fenomeno abbastanza recente ma che è stato in grado di raggiungere immediatamente, e in un breve lasso di tempo - considerando che la sua invenzione è datata 2005 - numeri importanti. YouTube, è noto, permette la rapida diffusione di materiale video, audio, etc. in tempo reale e comporta quindi che idee, valori, identità siano prodotte, riprodotte, messe in gioco e negoziate in nuovi modi. Tutto diventa informazione, tutto diventa intrattenimento, tutto si trasforma in comunicazione. Un "carpe diem" continuo. Ricercando, mossa dalla consueta curiosità, il materiale all'origine del suo studio, da cui è partito il professor Wesch, mi sono imbattuta in un testo sul quale mi sono soffermata, colpevole di aver suonato il mio tasto "giusto". Sostiene Wesch che si è dato il via ad un mondo di "resonating information" che ci circonda completamente. Prosegue affermando che i confini si dissolvono perché l'informazione è immediatamente ovunque e non obbedisce più alla severa natura lineare, implicita nelle tecnologie della cultura letteraria. Non si può resistere all'avvento di queste nuove tecnologie che stanno ovviamente modificando il modo di comunicare, e bisogna adoperarsi non solo per restare al passo coi tempi, ma anche per cogliere ogni beneficio che deriva da questa evoluzione. Il quesito che si pone Wesch non è di poco conto. Si chiede infatti se siamo noi ad utilizzare questa tecnologia, oppure se è lei ad usare noi.
Da questa domanda, a cui non posso che rispondere per me stessa, voglio partire per dare una mia chiave di lettura. Appartengo alla generazione di quelli che vengono definiti "Digital Immigrants", non solo per motivi legati all'anagrafe, ma anche per una sorta di "diffidenza" (almeno all'inizio) nei confronti di strumenti che non sono in possesso di un "odore"- anima.
"Costretta" ad un ricorso assiduo di tali strumenti, ho scoperto che possono, per certi aspetti, "aiutarmi" in un'elaborazione più completa, più complessa delle mie associazioni mentali. Ho scoperto di poter corredare le parole di immagini che magari apparentemente non hanno un nesso logico tra loro, ma che rimandano un po' alla scuola di montaggio russa, in particolare al montaggio per attrazioni di Ejzenstejn. Le immagini per proporre suggestioni, per riproporre emozioni. Il nesso logico viene spiegato poi dal testo scritto...Gli occhi vengono accarezzati da musica o film...
Chi appartiene alla comunità virtuale di YouTube ormai è consapevole di una sete di informazione, ma anche di un bisogno reale di comunicazione, tant'è che molti video riguardano una particolare abilità di chi realizza un video stesso, o anche momenti di vita familiare. Con il "motto": L'importante è comunicare, non più solo partecipare, come sosteneva De Coubertin...


Usando in modo intelligente e responsabile i nuovi strumenti di comunicazione, senza demonizzarli, si può davvero fare in modo che siano loro adattabili all'essere umano, e non il contrario.

venerdì 21 novembre 2008

LE NOTE DELLE LINGUE E DEL DIALETTO

...Di quattro colori, una bianca una rossa una blu e una gialla, erano le paperelle di plastica che si tuffavano. Acqua poca, quanta ne può contenere una vasca che ospita una bambina per fare il suo bagnetto a partire dai due fino ai cinque anni, prima di essere in compagnia di un fratellino...Un registratore (siamo agli inizi degli anni'80) con dentro, amica abituale, una cassetta arancione. E un padre-amico di sempre e da sempre. Lui, amante di musica "strana", ovviamente per una bambina che nulla può sapere di chansonniers francesi, musica lirica, qualche cantautore italiano, adora raccontarle delle storie che hanno come protagonisti una certa Marinella, un tale Piero, un altro che rispondeva al nome di Miché... Il re, perché in ogni favola c'è sempre un re, protagonista di queste "favole" è Carlo Martello che torna dalla guerra di Poitiers e incontra fanciulle a cui dice "parole che non si possono ripetere". Quella cassetta arancione è la protagonista di un racconto che ha accompagnato una passione che a distanza di anni sopravvive. Da quella cassetta emergeva una voce roca, quasi dal sottosuolo, forse dal profondo. Forse perché scavava nel fondo dei vicoli di una Città Vecchia, a studiare osservando tutte le anime che la abitavano.


Genova. Città di De Andrè citata in molte sue opere. Fino a farle un omaggio: canzoni nel dialetto genovese antico. Il più celebre esempio è l'album uscito nel 1984, Creuza de ma, che presenta la voce dei marinai nella loro vita quotidiana, anche nei rapporti con l'altro sesso.
La ricerca linguistica di De André non si è fermata al gioco in casa genovese. Si è spinta fino a Napoli con Don Raffaè (inserita nell'album Le nuvole). Con passo di danza, posseduta da una tarantola, non è difficile sorprendersi a "taranteggiare" su un testo importante.
Oltre alla ricerca linguistica dal punto di vista dialettale c'è la cura amorevole nei confronti della stessa lingua italiana, trattata con rispetto e accompagnata dal suono di chitarra.
...Crescere. Le paperelle a colori hanno lasciato il posto ai libri, alla ricerca di interessi che non fossero più gli stessi del padre (ma non necessariamente contrastanti, accettandone gli aspetti positivi rielaborandoli). Scoprire la storia della letteratura italiana. Scoprire Giovanni Verga e in lui ritrovare il sapore di quelle "favole" lontane. Marinella, Piero erano stati risvegliati, assumendo nuove sembianze, dal "ciclo dei vinti" di Verga. Anche i protagonisti dei romanzi più importanti dello scrittore siciliano, infatti, avevano lo stesso sapore di sconfitta che trasudava dalle melodie che ormai erano impresse nella memoria. Ascoltarle di nuovo, farle proprie fino a veder scorrere brividi dentro la pelle. Mai sazia. Con l'unico "rimpianto" di non aver condiviso l'ultimo concerto in compagnia di quel padre-amico dalla più tenera età.
Ora un passaggio di consegne. Un'altra bambina non si addormenta, sin da quando aveva due anni, se prima la sua cugina ormai "grande" non le canta Fila la lana, se prima non le presenta Bocca di Rosa o Marinella. Magari, chissà, un giorno toccherà a lei passare il testimone in una eterna staffetta...

Una particolarità che solo la musica e il cinema possiedono è l'eternità, il piacere di ritrovarsi magari dopo anni di "oblio". Riscoprire che proprio una particolare canzone, un gruppo o un film hanno accompagnato sin dall'infanzia.
Ad esempio sentire nelle orecchie un motivetto "lontano", cercare di riacciuffarlo per i capelli negli anni. All'improvviso ecco che rispunta di nuovo, coniglio emerso dal cilindro. E' il caso, ad esempio, di un film degli anni '80 (1983) di Luigi Magni, State buoni se potete, che aveva tra gli interpreti anche Angelo Branduardi. I ricordi di bambina mi hanno regalato la riscoperta (ormai quindicenne) di un "menestrello".


L'età "adulta" mi ha spinto ad andare più a fondo alle cose, cercando il motivo per cui magari generano in me entusiasmo, si tratti di musica, film o libri. Vedere se c'è un filo, seguirlo, per vedere dove deciderà di condurmi. Confrontandomi con altri dopo "eventuali" scoperte e spunti.
Avendo la possibilità, grazie anche ai supporti tecnici, di avere sempre con me una dose massiccia di musica, l'altro giorno ho proposto una ricerca di filologia romanza a mia zia su un album del 1981 di Branduardi, Futuro antico. Sono i testi originali in provenzale, mi ha risposto zia con una punta di commozione. Il risultato di questa ricerca darà prima o poi i suoi ottimi frutti.

Come antipasto è già sostanzioso!

sabato 15 novembre 2008

L'AUTORITA' E' NELLA RETE





Il passo con cui il Presidente eletto degli USA, Barack Obama, sembra avviarsi verso la Casa Bianca continua ad essere all'insegna della multimedialità. Infatti appare sempre più deciso a proseguire secondo il cammino iniziato in campagna elettorale, consegnando alla rete i suoi discorsi - in questo caso quello di sabato 20 novembre -, mantenendo così l'ormai consueto contatto diretto non solo con coloro che hanno contribuito alla sua elezione, ma con tutto il popolo americano, anche tra coloro che non l'hanno votato. Oltre che su Youtube, dove sarà inserito il suo primo discorso ufficiale, ci sono gruppi su Facebook che hanno come oggetto qualsiasi discussione ispirata dalle parole del Presidente "nuovo", figlio del suo tempo. Fatto anche di microchip, che regalano una visione più ampia e totale della realtà, facendola diventare un megacosmo.
L'ormai onnipresente (almeno sui canali telematici) Presidente Obama non è però il solo ad usufruire della comunicazione diretta e immediata che deriva dalla rete, che a volte sembra quasi imprigionare con le sue diramazioni, insetti di una ragnatela di circuiti. Nel momento in cui si acquisisce dimestichezza si smettono i panni di cibo prediletto, per diventare quasi cacciatori di nuovi orizzonti. Magari, perché no, per alimentare quel favore di un intero popolo, tanto a fatica rincorso, dopo una vita vissuta in una fortezza-trincea dorata fatta alle volte più di bassi che di alti. E' quanto è accaduto, ad esempio, con la Regina Elisabetta. Finalmente un po' dismessi i panni con cui addobbare il Madame Tussauds (opinione di chi scrive, ma con il massimo rispetto di ciò che rappresenta), pur restando colei che Dio deve salvare... Perché è cosa nota, la Royal Family è in pole position nel cuore degli inglesi...Il suo messaggio di Natale sarà consultabile on line (sul canale della Casa Reale) dal 16 al 25 dicembre.
C'è un aspetto della comunicazione che gli uomini di stato non devono sottovalutare: il "pericolo" di farsi scoprire troppo "umani", essendo sempre nell'occhio del ciclone per un occhio (indiscreto) di bue costantemente puntato addosso, con debolezze tipicamente dell'essere umano che non si sa quale reazione possono scatenare nell'opinione pubblica.



...Provare per credere...

sabato 8 novembre 2008

LA STORIA CORRE (ANCHE) SULLA RETE

"Puoi volere, puoi lottare, fermarti e rinunciare..."

Quasi profeticamente anni fa Angelo Branduardi intonava come un bardo d'altri tempi ciò che si può fare. Ciò che ognuno di noi può scegliere di fare. Per migliorare se stessi, per essere se stessi, per continuare a mettersi in gioco.

"YES, WE CAN". L'espressione che negli ultimi due anni ha assunto le sembianze di un volto. Quello di Barack Obama. Un uomo che è entrato nella Grande Storia, il primo presidente afro-americano degli Stati Uniti. Sì, noi, tutti insieme, possiamo fare. Già, perché l'uomo non è fatto per essere un lupo solitario, ma per costituire un gruppo, da non confondere con un gregge da sbranare. Un insieme di teste e di cuori, anime e stomaci, uniti con il fine comune del creare le condizioni per vivere al meglio, animati dallo spirito del confronto vivo e vivace, senza perdere la capacità della critica costruttiva.

La campagna elettorale è stata un ennesimo esempio della bontà di una democrazia non solo sulla carta. Già a partire dalle primarie, infatti, ogni partito propone dei papabili candidati. Saranno poi i cittadini a scegliere chi rivestirà la carica più importante, anche solo come candidato di un partito. Partire dal basso per provare ad arrivare in alto, non solo politicamente. In Italia non sempre si riesce ad ascoltare ciò che la popolazione avverte come necessità. Si dà retta troppo spesso solo a giochi di partito, cadendo in un grave errore di sottovalutazione, perché i cittadini se ne accorgono, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, e altrettanto frequentemente c'è la cattiva abitudine di non fare autocritica fino in fondo. Per una volta voglio ricordarmi di essere romana, e di aver assistito ad una ben triste "caduta di stile", e cercare di metterla a confronto con quanto avvenuto negli U.S.A. Nel corso delle ultime tornate elettorali, in particolare delle amministrative per l'elezione del sindaco, il Partito Democratico (italiano) ha scelto una minestra riscaldata, fallendo miseramente per quel grande errore di giochicchiare con i vertici di partito. Senza neanche preoccuparsi di sottoporsi al parere della gente comune. Dicendo questo non mi voglio mettere sul pulpito per sparare a zero l'ultima predica (in ordine di tempo) col senno di poi. Non è mio intento ridicolizzare, né mettere in discussione le Istituzioni, solo un tentativo di riportare ciò che ho visto in settimane, mesi, di campagna elettorale. Ciò che come cittadina ho avvertito quotidianamente, salendo su autobus diversi più volte al giorno. Non erano solo commenti spiccioli, ma autentiche discussioni, spesso accalorate e calorose, che mi hanno fatto persino dubitare della freddezza di cui da tempo si dice essere infetta la politica italiana. Erano persone trasversali, un po' come coloro che hanno votato per Obama (tra primarie ed elezioni); per colore, età, estrazione sociale. Si erano viste imporre una candidatura dall'alto. Un nome già noto. Giusto: per "giochi" di partito, per mancanza di umiltà? Evitando ogni demagogia inutile, rincorro le ali di quella che a Roma appare ancora un'utopia lontana. La classe politica che riparte da zero e che, respirando un'aria di " ricambio generazionale" (dettato non solo dall'anagrafe, ma anche dalle idee) mosso da una spinta di concretezza e pragmatismo, possa rimettersi in discussione con una giusta dose di umiltà e autocritica. Certo, sarebbe stato entusiasmante se anche a Roma ci fosse stata una consultazione (in stile primarie) sul nome del candidato sindaco, che desse voce alle tante voci che abitano la Città Eterna, la MIA città. Un senso di appartenenza che solo chi respira sin dalla nascita l'odore del Tevere riesce a comprendere fino in fondo. Non nascondo una sorta di delusione sulla mancanza di ascolto di quelli che sono i cittadini. A volte sfugge la conseguenza di determinate scelte "imposte". Il rischio è l'incremento del distacco dalla politica proprio perché sentita distante anni luce.

Dopo questa parentesi incentrata sulla (poca) capacità di mettersi in gioco che sopravvive in Italia, ove traspare che alle volte conta di più il nome che si porta cucito addosso o la carica ricoperta in legislature passate, viaggio di nuovo oltreoceano, "Madre Pellegrina" multimediale.

Facendo un salto negli Stati Uniti ove, dopo un'estenuante maratona di primarie, il cui "scontro finale" è stato tra la ex-first lady, Hillary Clinton, e l'emergente volto nuovo, Barack Obama, è stato il popolo (democratico) a scegliere.

Un volto così "sconosciuto" ai più è stato in grado di diventare un autentico polo di attrazione, non solo per gli statunitensi e di permeare cuori e menti di un intero pianeta. Parte del merito è da attribuire ad un contatto diretto non solo in carne e ossa, ma anche all'utilizzo massiccio dei nuovi mezzi di comunicazione. Ha soprattutto fatto ricorso al web, aprendo un sito sul quale inserire i comizi, gli incontri, etc. Inoltre l'accesso al sito era aperto a tutti, permettendo un'interazione reale, oltre che raccogliere fondi per la campagna elettorale (svincolandosi dai finanziamenti di stato e dalle forme tradizionali).

Per rappresentare il Partito Democratico alle Presidenziali U.S.A. 2008, tra un candidato afro-americano e una candidata donna, il popolo-democratico-ha scelto quello con cui aveva un contatto ( o anche solo la possibilità di averlo) più diretto, che ha sentito più prossimo a quelle che sono le problematiche quotidiane.

Infine, il 4 novembre ha vinto il sentimento che è riuscito ad infondere, anche tra la gente comune, in due anni di campagna elettorale: la speranza. Contro la paura che serpeggiava nell'aria, dovuta ad una crisi finanziaria e all'incertezza del domani.

Se saprà essere un buon Presidente sarà la Storia a dimostrarlo. Ciò che finora si è "saputo" di Obama è l'esser portatore di buoni propositi e valori positivi. Condensati e supportati da un carisma che dà vigore alla sua figura leader.

La Presidenza Obama nasce sotto la buona stella degli elogi sperando che non deluda le aspettative (e le responsabilità) che un pianeta ha caricato sulle sue spalle, consapevole del fatto che avrà occhi e riflettori costantemente puntati addosso.





"...Si può crescere o cambiare, continuare a navigare..."

giovedì 6 novembre 2008