sabato 25 ottobre 2008

NON E' TEMPO PER NOI E FORSE NON LO SARA' MAI







...Quando si è bambini ci si sente rivolgere la classica domanda "Cosa vuoi fare da grande?" Da bambina, un po' forse per seguire le orme della mamma, mi sarebbe piaciuto diventare una professoressa di lingue straniere. Ma due "mostri", due grandi passioni hanno avuto il sopravvento sulle mie scelte: il cinema e la musica. Dopo un'errata scelta del percorso universitario, ho lasciato che queste passioni mi prendessero per mano, senza soffermarmi troppo sul "poi". E così il DAMS, a Roma Tre, con tante rivoluzioni nella mia vita. Con una più o meno rapida dissolvenza (a fuoco incrociato) sul "...e dopo la Laurea?".
Guardare il mondo con occhi ben diversi rispetto a quando avevo iniziato a fumare le mie prime sigarette a "bordo piscina" nel cortile dell'università.

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Trent'anni, una Laurea (col vecchio sistema dei tomi su tomi, che ritenevo metodo eccezionale per appagare i curiosi: non erano previsti i crediti, di cui non riesco a comprenderne né l'utilizzo né l'utilità..). Non si matura, non siamo frutta né verdura. Si diventa solo più realisti, si prende coscienza che la realtà non è come la si immagina da adolescenti, il periodo delle massime aspettative.

Non era certamente il call center, terra (bruciata) di rapporti lavorativi che rasentano la schiavitù, creano competizione - e non competitività - con i colleghi. Si diventa dei sopravvissuti sopravviventi nella quotidiana applicazione di una irrazionale, animalesca selezione naturale dettata da un dover mentire, soprattutto con chi è maggiormente in difficoltà. Per vendere. Per vendersi. No, non ci sto a questo sporco gioco, non mento. Ho imparato che il coraggio più autentico è quello della verità.

...E dire che avrei desiderato tanto sedermi ad un tavolino, magari con un caffé davanti e il mio pacchetto di sigarette, a coivolgere quante più persone possibili per indirizzarle verso un ottimo film o far loro scoprire un gruppo musicale nuovo! Oppure confrontarmi con altri su un film già visto o ancora da girare... Dialogare con qualcuno sulle scelte stilistiche di un regista, sul perché il ricorso ad una certa luce per un'inquadratura...!

"EUREKA! I'VE GOT IT", avrebbe urlato Jack Skellington in un celeberrimo film di Tim Burton, Nightmare before Christmas ...
Un nuovo capitolo, un nuovo inizio. La scuola di giornalismo della LUMSA, forse può darmi una mano a realizzare la possibilità di comunicare! Forse lì potrò confrontarmi con qualcuno dopo tanti soliloqui...In fondo era l'obiettivo che mi ero posta, il traguardo da raggiungere subito dopo la fine del liceo (poter parlare con cognizione di causa delle mie passioni). Diventare giornalista, magari di cinema. Trovare il quid nascosto allo scorrere dei titoli di coda. Orson Welles lo chiamava "Quarto potere", ma mi sono a lungo interrogata su cosa significasse quella definizione, per quale motivo l'avesse adottata. Secondo me ci sono due chiavi di lettura di quel pericoloso, quando non ben utilizzato, potere. Da un lato credo ci sia la (in)consapevolezza di poter manovrare coscienze, e la storia l'ha dimostrato. Ma dall'altro c'è ciò che lo rende entusiasmante, ciò che mi fa dire:"Sì, voglio diventare una giornalista". Sapere di poter dire la verità (oggettiva), cercando il quid nascosto non soltanto al termine di un film, ma anche di ogni notizia, facendo ricorso solo ed esclusivamente alla propria sensibilità.

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Scoprire che anche il giornalismo è vittima del nostro tempo, dei nostri tempi, accresce il gusto della sfida. Imbattersi nella diffidenza quando si va in giro a far domande, magari per poter raccogliere il materiale necessario per un'inchiesta da svolgere. Sentirsi insultata e accorgersi che la paura che ha alimentato la storia, come anche alcune delle pagine più ricche della cinematografia mondiale, della psicologia, etc., non è mai stata superata, e anzi si è addirittura evoluta (o involuta?), fornisce un giusto sprone alle mie convinzioni. La paura del diverso si è trasformata nella paura dell'altro. Osservare, carpire, comprendere. Potrei essere, diventare, una vocina flebile ma sincera, nel deserto della diffidenza per tentare di scardinare qualche porta. Perché no?! E' forse questo ciò che la mia vita vuole da me. Occorre perseverare per esserne certa.
Certo, una bella sfida. Non è certamente una passeggiata nel parco, ma ho imparato che non devo arrendermi, perché a trent'anni farlo sarebbe rinunciare alla vita. Continuare a rimettermi in gioco, giorno dopo giorno. E via...


...Con la speranza di poter offrire anch'io il mio quid nascosto e sapendo di dover infondere tutto l'impegno necessario per poter raggiungere il traguardo finale, che in quel momento diventerebbe un "quotidianamente nuovo punto di partenza". C'è una cosa che mi spinge a voler raggiungere il nastro di partenza...
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sabato 18 ottobre 2008

FINO AI CLASSICI


...E per concludere questa panoramica sul latte e i suoi derivati, come omettere uno dei più grandi classci: il latte arricchito e potenziato, il Latte Più?

LATTE E I SUOI DERIVATI

...Quando la musica vince sulla realtà

DERIVATI DAI LATTICINI

Siamo italiani, popolo famoso per la qualità del cibo prodotto. Ma è davvero così sicuro ciò che ci capita sotto i denti? E' emerso proprio in questi giorni lo scandalo della ripastorizzazione di prodotti che hanno origine dall'industria casearia. Certo, c'è da star star tranquilli, poiché questi scarti si hanno solo nelle fette di formaggio fuso, o nei mix di grattugiati che si trovano al supermercato!

L'ALITALIA E' DEI SUOI DIPENDENTI

Le immagini proposte viaggiano a ritroso e rimandano ad un evento che ha avuto notevole cassa di risonanza circa un mese fa. Si tratta dell'euforia collettiva che ha contagiato i dipendenti Alitalia nel momento in cui è stato reso noto il fallimento della trattiva con la Compagnia Aerea Italiana. Molto è stato detto su questa esultanza, molto ancora è stato scritto. Troppo si è persino "interpretato", e forse anche giudicato. Cosa ci sia dietro a quei cori, probabilmente, non si potrebbe neanche immaginare. La disperazione di una eventuale cassa integrazione quando si ha famiglia, o anche la consapevolezza di un "attaccamento" alla Compagnia per cui si è sempre desiderato di volare e la cui svendita non si riesce ad accettare. Il destino di molti tra questi volti è quanto mai incerto. Sicuramente non da questa incertezza nasce un'esultanza immotivata. Ma quando tante voci inseguono uno scopo comune, vuol dire che l'esigenza è realmente sentita.

venerdì 17 ottobre 2008

PAROLE SENZA TEMPO, NEL TEMPO


Quando si entra in una qualsiasi libreria non sempre ciò che si cerca ha la sua collocazione nello scaffale ritenuto il più adatto. Ne sono un esempio tre libri che possono esser considerati, a giusta ragione, appartenenti alla categoria "romanzi di formazione", ovvero Il Piccolo Principe, Il gabbiano Jonathan Livingston e Peter Pan. Trovano solitamente il loro spazio nel settore "libri per l'infanzia".
Tale definizione suscita qualche perplessità e spinge a due quesiti fondamentali. Innanzitutto, esiste davvero un'età anagrafica in cui leggere un libro, qualsiasi esso sia? Ed inoltre, non è probabile che suddividere in categorie nette la letteratura non sia dettato da pregiudizi radicatisi negli anni? Come si può, infatti, reputare un testo complesso qual è Il Piccolo Principe "libro per l'infanzia"? Certo, lo stile asciutto e il linguaggio semplice permettono un comodo accesso a chiunque, soprattutto ai bambini. Ma sarebbe opportuno che anche un adulto si confrontasse nel corso dell'intera vita con i propri vizi, le proprie virtù, e anche con sentimenti che troppo spesso passano in secondo piano perché ci si reputa ormai troppo grandi.
L'allegoria offerta da Il gabbiano Jonathan Livingston, poi, mette in risalto la scelta di una vita che non sia limitata solamente alla sopravvivenza, ma alla costante ricerca del massimo risultato da se stessi.
Il caso più clamoroso è forse Peter Pan, dietro al quale si sono originate autentiche diatribe tra psicologi sulla cosiddetta "Sindrome di Peter Pan". Guardando al di là delle semplici analisi dei dotti e mettendo da parte il lato infantile ma non per questo quello innocente e semplice dell'infanzia, ci si pone il nodo cruciale di questo viaggio nella letteratura. Arrivati ad un'eta adulta, si può affrontare la vita senza perdere lo sguardo bambino, molto spesso più autentico che in qualsiasi altra età? Che sia un caso se quando si raggiunge la "terza età" si dice che si ritorni bambini, come se la vita non fosse altro che una continua altalena?
Probabilmente per trovare una risposta a queste domande è necessario vivere, applicando ciò che un qualsiasi "romanzo di formazione" ha lasciato ad ogni lettore in eredità.

sabato 11 ottobre 2008

in piazza contro la riforma gelmini

Prova post

















Alla prima lezione di editoria multimediale ho scelto l'immagine dei colori che compongono un tramonto, in tutte le sfumature spesso impercettibili.